TE LO ILLUSTRO CON UN ALBO – MARZO

Un albo al giorno per sette giorni

Cosa meglio di un albo illustrato può spiegare ai bambini e alle bambine temi che, per la loro delicatezza, sono di difficile comprensione?

Associazione Officina Educativa dedicherà una settimana al mese a un tema diverso. Proporrà, ogni giorno per sette giorni, un albo illustrato che aiuti i bambini e le bambine a riflettere sul tema scelto.

Un albo è uno strumento ideale, in cui immagini e testo costituiscono una doppia narrazione che si intreccia e si snoda accompagnando il bambino e la bambina in un viaggio che può percorrere in compagnia di un adulto, dei coetanei o da solo, alla scoperta di sé e delle numerose emozioni e situazioni che incontrerà nella lunga strada della crescita.

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Ad aprile, altro tema e altri albi…


MARZO
OLTRE GLI STEREOTIPI DI GENERE: giorno 1

Per iniziare la settimana proponiamo Biancaneve e i 77 nani   di Davide Calì, Raphaelle Barbanègre Ed. EDT-Giralangolo

Questa storia di Biancaneve, rivisitata in chiave ironica, vede protagonista una Biancaneve tutt’altro che fragile e delicata,

La storia è diversa dall’originale fin dall’inizio, dal momento che Biancaneve è già nel bosco e in fuga dalla strega cattiva. D’altra parte, chi non conosce l’inizio della fiaba classica? Ed ecco che la fanciulla giunge alla famosa casa dei nani. La sorpresa è che i piccoli abitanti non sono sette, bensì settantasette!

I nani accolgono volentieri la giovane fuggitiva, in cambio lei dovrà solo aiutarli nelle faccende domestiche. L’impresa si dimostra ardua fin da subito: innanzitutto imparare i nomi di così tanti nani non è per niente facile. Davvero esilarante è la scelta di far dire ad ogni nano il proprio nome (nomi decisamente strambi!) davanti ad una Biancaneve dagli occhi sgranati. Per non parlare di tutto quello che c’è da fare: il bucato, settantasette barbe da spazzolare, raccontare la favola della buonanotte (una diversa per ogni nano), la colazione da preparare per tutti nello stesso momento, i settantasette fagotti con i settantasette panini da portare in miniera e molto altro ancora!

La povera Biancaneve si ritrova presto con un aspetto di chi è sull’orlo dell’esaurimento: totalmente spettinata e con profonde occhiaie sotto gli occhi.

I nani sono indubbiamente simpatici e gentili, ma anche confusionari, sporchi, litigiosi, proprio come i bambini. E non solo: sono anche egoisti, perché quando Biancaneve chiede loro aiuto per lavare i piatti la folla di nanetti si dilegua in un secondo, lasciando la fanciulla a sbrigarsela da sola.

A questo punto Biancaneve ne ha piene le tasche: stanca di essere trattata come una schiava, preferisce tornarsene nel bosco nonostante i pericoli. E pazienza se rischia di incontrare la strega con le sue mele avvelenate. Anzi, quando se la ritrova davanti, non solo accetta di mangiare il frutto offertole, ma ne vuole addirittura due, per essere sicura di dormire tranquilla senza che nani o principi la vengano a disturbare.

L’albo termina con l’immagine di una Biancaneve tutt’altro che a un passo dalla morte, stesa sopra un comodo letto, in posizione rilassata e con un’elegante mascherina sugli occhi. In fondo al letto un grande cartello dice: “Per favore NON svegliatemi”. Non si sa mai che ad un principe non venga in mente di baciarla…

Biancaneve e i 77 nani è un albo molto divertente che affronta con ironia un tema importante: in una famiglia, indipendentemente dal numero dei componenti, perché ci sia armonia e serenità è fondamentale dividere il lavoro e le responsabilità.

Non deve essere necessariamente la componente femminile a occuparsi delle mansioni di cura. I nani, in questa versione della storia, ricordano molto i bambini che spesso, anche ai giorni nostri, vengono affidati esclusivamente all’accudimento materno. Se si dà questo per scontato o, addirittura, si pretende, ben venga la ribellione da parte delle donne!

Le illustrazioni, che riempiono le pagine per intero, sono vivaci e coloratissime. Il modo in cui la protagonista cambia di aspetto in ogni pagina è esilarante: da perfettamente pettinata e ordinata, con sguardo spaventato e innocente, si trasforma lentamente in una donna stanca, spettinata, con un’espressione affaticata e indispettita di chi è prossima alla ribellione.

 

OLTRE GLI STEREOTIPI DI GENERE: giorno 2

La proposta di oggi è Sono una selvaggia  di Irene Biemmi, Ilaria Urbinati Ed. Erickson

La protagonista di Sono una Selvaggia è Anna, una bambina piena di vita, energica e allegra. Non cerca di essere diversa dagli altri, semplicemente è spontanea e vive le proprie giornate con spensieratezza e naturalezza. Si muove, gioca, si comporta senza essere vincolata a ciò che ci si aspetta da una femmina.

La storia racconta di una giornata qualunque di Anna, da quando si sveglia a quando va a dormire. Giornata che lei vive come se fosse un’avventura. Si sveglia come un grillo, dà il buongiorno ai genitori saltando allegramente sul loro letto, fa colazione, si veste con un look da selvaggia (che altro non è se non una semplice e comoda salopette), corre a scuola sfrecciando sulla sua bicicletta. Il pomeriggio lo passa giocando con le sue amiche, come qualunque altra bambina potrebbe fare, per poi cenare e passare la serata a scambiarsi le coccole con i genitori. Infine va a dormire e si lascia andare a sogni da favola.

Spesso capita di affibbiare ai maschi e alle femmine caratteristiche e comportamenti che sono considerati adatti all’uno o all’altro: i maschi sono energici, rumorosi, curiosi e portati ai giochi atletici; le femmine dolci, delicate, educate, propense a  fare giochi tranquilli.

Fin da piccoli viene insegnato loro che certe cose sono da maschi e altre da femmine, che le bambine non si devono comportare in un certo modo, altrimenti sono definite dei maschiacci e che i bambini devono essere coraggiosi e amare giochi di movimento.

La separazione dei ruoli maschili da quelli femminili avviene talmente precocemente da renderla quasi una cosa naturale, quando invece nasce da rigidi schemi sociali che vengono inculcati nella testa dei bambini fin dalla tenera età.

La protagonista è sì una bambina, ma la storia è rivolta tanto alle femmine quanto ai maschi: il punto è che non esistono cose che siano adatte all’uno o all’altro genere, semplicemente ci sono caratteristiche che appartengono alla natura di ognuno, indipendentemente dal sesso.

Anna ama fare cose da selvaggia, non da maschio. Adora correre, impersonare una tigre, vestirsi comodamente e arrampicarsi sugli alberi, ma ama anche leggere un libro con mamma e papà e dormire tranquilla nel suo letto sognando di essere una principessa. Il finale invia un messaggio molto chiaro: Anna può essere tutto. Può provare piacere a ballare a ritmo tribale e può sognare di indossare i panni di una principessa. Semplicemente esprime se stessa, immaginandosi in molteplici ruoli differenti. Ed è proprio questo concetto che l’albo vuole far passare: ognuno deve cercare, sperimentando ciò che più gli piace, cosa vuole essere nella vita.

Le illustrazioni, per la gran parte disegnate su sfondi vuoti, mettono in risalto la particolarità della protagonista, rappresentata con spettinati capelli di un color rosso fuoco e dal viso spruzzato di simpatiche lentiggini. I disegni sono ad acquerello, rendono bene il senso del movimento dando l’idea di avere a che fare con una bambina molto attiva e vivace.

 

OLTRE GLI STEREOTIPI DI GENERE: giorno 3

Oggi proponiamo Ettore l’uomo straordinariamente forte di Magali Le Huche Ed. Settenove

Ettore l’uomo straordinariamente forte racconta di quanto sia sciocco e superficiale lasciarsi influenzare dai pregiudizi di genere e di come le persone infastidite dalla felicità degli altri possano, con cattiveria, sfruttare il peso che questi preconcetti hanno sugli esseri umani, per denigrare e distruggere la vita di coloro che invidiano.

La storia è ambientata in un circo. Non si tratta di un circo qualunque, ma di un circo straordinario, perché pieno di persone straordinarie: c’è l’uomo straordinariamente piccolo, quello straordinariamente divertente, la coppia straordinariamente volante, la ballerina straordinariamente divina e poi c’è Ettore, l’uomo straordinariamente forte, in grado di sollevare due lavatrici piene di vestiti bagnati o una pila di elefanti usando una gamba sola.

Ettore è l’immagine della virilità: forte, con pettorali sviluppati e due baffi sottili che lo rendono affascinante. Ama ed è amato da Leopoldina, la divina ballerina. Ad Ettore non manca proprio nulla per essere felice. Egli nasconde, però, un segreto: il nostro forzuto protagonista, nel tempo libero, adora lavorare a maglia e fare l’uncinetto. In una stanza nascosta sotto terra che tanto ricorda un rifugio, Ettore si diletta a intrecciare fili di lana o di cotone e realizza coperte, cuscini, calze e centrini. Infine, il suo capolavoro: un tu-tu con i pon pon per la sua bella Leopoldina che tanto ama.

Per quanto diversi tra loro, lui grande grosso e lei minuta e aggraziata, insieme formano una splendida coppia. Mentre la ballerina danza per il suo amato con la leggerezza di una libellula, l’uomo si cimenta in numeri straordinari per lei. Tutta questa felicità scatena l’invidia della coppia di addestratori di leoni e leopardi, che provano rabbia e fastidio nei confronti dell’aitante collega.

I due prima lo provocano senza successo, poi lo seguono per spiarlo e scoprono la sua passione segreta. Decidono così di rivelare a tutti l’innocente e creativo hobby di Ettore, per denigrare e ridicolizzare quell’uomo straordinariamente forte che si diverte a lavorare a maglia come se fosse una femminuccia.

All’improvviso accade qualcosa che renderà indispensabile l’intervento di Ettore e la sua passione salverà tutti i componenti del circo.

Ettore l’uomo straordinariamente forte è un albo ricco di messaggi positivi, a partire dal rifiuto del protagonista di reagire alla provocazione degli addestratori, dimostrando che quando si è sereni e appagati, non si sente la necessità di reagire con violenza, al contrario dei due colleghi invidiosi che, insoddisfatti della propria vita, tentano di placare la frustrazione sminuendo e umiliando gli altri.

Non solo si mette in risalto la banalità del pregiudizio secondo cui un uomo per essere tale deve per forza incarnare requisiti considerati da sempre come indicatori unici di mascolinità, ma sottolinea la debolezza di chi ha l’abitudine di attaccare gli altri comportandosi come un bullo, invece di lavorare su se stesso per raggiungere una serenità interiore.

Le illustrazioni riempiono le intere pagine per la gran parte del libro e sono caratterizzate da colori caldi e delicati. I personaggi trasmettono molto bene ciò che li caratterizza: la forza fisica e l’animo buono e dolce di Ettore, la delicatezza di Leopoldina e l’espressione arrabbiata e colma di invidia degli addestratori.

Molto divertente l’immagine dei personaggi completamente nudi, seduti in cerchio e intenti ad imparare a lavorare a maglia per rifare il guardaroba del circo.

 

OLTRE GLI STEREOTIPI DI GENERE: giorno 4

L’albo proposto oggi è Principessa Kevin  di Michael Escoffier, Roland Garrigue  Ed. Clichy

“Quando ci si traveste, è per non farsi riconoscere. Altrimenti, non ha senso vestirsi”

È questo che pensa Kevin quando, a dispetto di quello che dicono gli altri, decide di indossare un costume da principessa per partecipare alla festa della scuola.

Principessa Kevin è un albo che parla di libertà, la libertà di essere se stessi. A Kevin non importa se gli altri lo trovano ridicolo, lui desidera indossare un abito rosa dalle maniche a sbuffo, scarpe con i tacchi e truccarsi con i cosmetici della mamma. E la forza di quest’albo sta proprio nel raccontare il coraggio di un bambino che non si fa influenzare dai pregiudizi e, con l’aiuto della sorella, si prepara a diventare una principessa.

Kevin è molto determinato, non capisce chi abbia stabilito che solo le femmine possano vestirsi da principesse. In fondo molte ragazze si travestono da cowboy o da cavaliere, quindi trova assurdo che un maschio non possa indossare un costume come il suo.

Il bambino purtroppo si scontrerà con i pregiudizi: nel momento in cui cerca un accompagnatore, tutti lo evitano, nessuno dei ragazzi vestiti da cavaliere vuole dargli la mano, temono che possa contagiarli, facendoli diventare tutti principesse.

Kevin non si fa abbattere, li considera dei vigliacchi e continua a cercare di divertirsi. Cloe, una compagna di classe vestita con un ridicolo costume da drago creato dal padre con scarsi risultati, si avvicina al bambino e gli fa i complimenti per il bellissimo costume, dicendogli che gli dona molto.

Imbarazzato, ma felice, Kevin passa il resto della giornata con la sua amica.

Fino a quando comincia ad essere stanco di quell’ingombrante costume rosa, ma non per gli sguardi beffardi dei compagni, semplicemente è troppo lungo e si inciampa di continuo, le scarpe con i tacchi gli fanno un male indescrivibile. “Come fanno le ragazze a sopportare i tacchi alti?” si domanda Kevin con espressione dolorante.

Principessa Kevin è una albo che insegna ai bambini e alle bambine a vivere liberamente, a fare ciò che preferiscono senza farsi influenzare da sciocchi preconcetti e a non giudicare il modo di essere degli altri. Il protagonista non vuole fingere di essere qualcosa che non è, ha scelto di esprimere se stesso, è indifferente alle critiche e alle prese in giro, convinto di ciò che vuole e determinato a vivere la vita come più gli piace.

I coloratissimi costumi indossati dai bambini rendono le illustrazioni particolarmente vivaci. I personaggi hanno grandi occhi e bocche larghe che rendono i volti espressivi. Il protagonista esprime, attraverso movimenti decisi ed espressioni piene di determinazione, sicurezza di sé e voglia di rompere i rigidi schemi sociali a cui veniamo sottomessi fin dalla nascita.

 

OLTRE GLI STEREOTIPI DI GENERE: giorno 5

La proposta di oggi è Amelia che sapeva volare di Mara Dal Corso, Daniela Volpari  Ed. EDT Giralangolo

Amelia ha dieci anni, ama passare il suo tempo nel campo dietro casa dei nonni, fingere di essere un cowboy, raccogliere insetti e, soprattutto, Amelia ha un sogno: volare. Si immagina, guardandosi allo specchio, di essere un’aviatrice, si sistema gli occhiali e, con la fantasia, sorvola paesaggi di ogni tipo. A volte si arrampica sulle rocce, apre le braccia e parte, si sente leggera, il vento le arrotola i pantaloni e gioca con la sua sciarpa; l’aria le riempie il cuore.

Amelia che sapeva volare è un racconto tratto da una storia vera, quella di Amelia Earhart (1897- 1937), la prima donna aviatrice che intraprese l’attraversata in solitaria dell’Oceano Pacifico. Narra di una bambina che ha interessi considerati, soprattutto all’epoca in cui ha vissuto, non adatti al genere femminile. Si diverte a raccogliere insetti e ranocchi, indossa i pantaloni, gioca con un fucile, ha i capelli corti e si arrampica sulle rocce.

Amelia ha un quaderno, in cui incolla le foto di donne che hanno realizzato grande imprese. Sogna di poter incollare, un giorno, anche la sua fotografia.

Amelia è fortunata: la famiglia asseconda la sua attitudine, la sostiene e l’aiuta a realizzare il sogno di diventare un’aviatrice. Così la bambina potrà percorrere la propria strada senza scontrarsi con i pregiudizi o subire influenze che potrebbero ostacolarne l’indole.

L’albo termina con la piccola protagonista di spalle che osserva, piena di determinazione, il cielo sconfinato ed esclama: “Mi chiamo Amelia, ho dieci anni. Ci sarò anch’io nel quaderno dei ritagli”

 Alla fine dell’albo, c’è una pagina dedicata alla vita dell’aviatrice, con alcune foto di Amelia. La protagonista riuscirà a cambiare un destino che sarebbe stato ben diverso se non avesse ricevuto l’incoraggiamento di una famiglia di ampie vedute. Nonostante questa passione la porterà ad una morte prematura, Amelia avrà vissuto come più desiderava, facendo l’unica cosa in grado di riempirle la testa, il corpo e il cuore.

Le illustrazioni sono meravigliose: gli orizzonti incurvati, le tende delle finestre che svolazzano, le foglie che volteggiano nell’aria e le nuvole che si mescolano con l’azzurro del cielo. Disegni che trasmettono così chiaramente la sensazione del vento che spettina i capelli della piccola protagonista, che quasi ci sembra sentirlo sul viso.

 

OLTRE GLI STEREOTIPI DI GENERE: giorno 6

La proposta di oggi è Il maialibro  di Anthony Browne Ed. Kalandraka Italia

È sufficiente guardare l’immagine della copertina, per capire il tema di quest’albo: una donna che carica, sulle proprie spalle, un sorridente marito e i due figli maschi.

La famiglia Maialozzi vive in una deliziosa villetta, con un ampio giardino. La casa è linda e ordinata, la tavola imbandita di buon cibo. Il quadretto perfetto che le prime illustrazioni ci raccontano, nascondono una triste realtà, assai frequente nelle famiglie tradizionali: un marito indolente, vestito di un abito elegante e il giornale aperto davanti a sé che, seduto a tavola con i due figli, chiede: “Allora, è pronta la colazione, cara?”

Dietro a tutta questa perfezione c’è la signora Maialozzi, moglie, madre e lavoratrice, che passa il tempo a cucinare, riordinare, pulire, stirare per poi recarsi al lavoro e tornare a casa per ricominciare a preparare la cena, a lavare i piatti e a svolgere tante altre mansioni casalinghe, senza che il marito e i due figli muovano un dito per aiutarla. I tre maschi della famiglia se ne stanno comodamente seduti sul divano a guardare la televisione, in attesa di andare a dormire nei loro letti ben fatti.

Una mattina accade qualcosa di inaspettato: la signora Maialozzi se ne va di casa e sparisce per alcuni giorni. Lascia un biglietto con scritto: “Siete dei maiali”.

Come se la frase scritta fosse una maledizione, i tre maschi della famiglia assumono le sembianze di veri maiali. Lasciati soli a doversi occupare di loro stessi e della casa, marito e figli dovranno prepara da mangiare, pulire e riordinare. Incapaci di fare qualsiasi cosa, proprio perché non abituati, si ritroveranno in poco tempo a vivere in un porcile. Cominciano così a rendersi conto dell’importanza della donna e desiderano ardentemente il suo ritorno. La signora Maialozzi tornerà, ma le cose dovranno cambiare: così ognuno si impegnerà a svolgere qualche compito. Il lavoro condiviso porterà all’armonia e alla serenità di tutti.

Il maialibro è stato scritto a fine degli anni 80. In questi trent’anni sicuramente le cose sono cambiate, in molte famiglie i lavori casalinghi vengono divisi tra i vari componenti. Ciò non significa che si sia raggiunta una vera parità tra i sessi, soprattutto per quanto riguarda l’accudimento dei figli o delle persone anziane della famiglia, che spesso è affidato unicamente alla componente femminile.  Questo albo è quindi ancora molto attuale e utile per educare i bambini, in modo ironico e divertente, all’importanza della condivisione del lavoro e delle responsabilità familiari.

Le illustrazioni sono realistiche e particolareggiate. I tre personaggi maschili trasmettono una certa antipatia, con quelle bocche sempre spalancate pronte a chiedere di essere serviti. addirittura le foto dei personaggi sul giornale che il padre sta leggendo hanno la stessa espressione. Molto divertente l’idea di trasformare marito e figli in tre maiali e fare assumere ad alcuni oggetti le stesse sembianze: il telefono, il personaggio dipinto nel quadro, il cane e la spilla sulla giacca del padre. Tutto quanto ricorda un maiale. Anche l’atteggiamento ad un certo punto è come quello dei maiali, con il padre accovacciato a terra alla ricerca di qualche avanzo di cibo.

 

OLTRE GLI STEREOTIPI DI GENERE: giorno 7

Come ultimo albo della settimana proponiamo Il pianeta stravagante  della Classe seconda Scuola primaria Jatteau, di Moissy-Cramayel- Gwen Keraval  Ed. Giralangolo

La differenza tra maschi e femmine è molto più banale di quanto si creda. È ciò che ci insegna questo delizioso albo scritto dagli alunni della classe seconda di una scuola primaria francese.

Il pianeta stravagante racconta degli abitanti di Glatifus, un piccolo pianeta lontano e sconosciuto ai Terrestri. I Glatifusiani ci osservano, ci analizzano e ci studiano. Anche i piccoli Glatifusiani vanno a scuola, e l’argomento affrontato dalla maestra quel giorno è: “Come si fa a distinguere tra maschi e femmine umani?”

Si apre un lungo dibattito tra gli studenti della classe ed ognuno dice la sua opinione. C’è chi sostiene che si capisca dai capelli: le femmine ce li hanno lunghi, mentre i maschi corti, ma le foto scattate un po’ ovunque sulla terra mostrano che non è proprio così…

Un altro alunno afferma che si capisca dall’abbigliamento, ma che confusione! Ci sono femmine con i pantaloni, con gli short, con la gonna, con il vestito e uomini con i pantaloni, con il kilt e con la tunica. Per non parlare del trucco! Ci sono popoli sulla terra in cui sia uomini che donne si dipingono il viso!

Uno studente azzarda l’ipotesi che le femmine terrestri piangano, mentre i maschi no. La maestra lo sgrida ed esclama: “Alla tua età dovresti sapere che tutti gli umani possono fare uscire dell’acqua dai loro occhi!” A quel punto l’insegnante decide di aiutare i suoi piccoli alunni e mostra loro una foto di due bambini, un maschio e una femmina, intenti a fare la doccia. Ed ecco che per i Glatifusiani tutto è più chiaro: “Ah, ma Sì!!!” esclamano in coro.

Non c’è bisogno di aggiungere altro: la differenza è palese davanti ai loro occhi, quando guardano i corpi nudi dei due umani!

 

Il pianeta stravagante insegna, attraverso il confronto tra gli studenti e la maestra, che il mondo è ricco di differenze, e che quelle che sembrano così ovvie, non è detto che lo siano veramente. Il fatto che in alcune parti della Terra siano le donne quelle che hanno l’abitudine di truccarsi, non significa che debba essere così ovunque, o il fatto che ci siano dei paesi in cui non è usanza che i maschi indossino gonne o abiti lunghi, non vuol dire che troveremo le stesse tradizioni in ogni angolo del pianeta. Le differenze possono essere marcate, sottili, sfumate, ma non vanno considerate come verità assolute, perché si rischia di usare tali differenze come la base per inserire le persone all’interno di rigide categorie prestabilite.

Banalmente, la cosa che permette di distinguere le femmine dai maschi è solo una: il sesso!

Nelle illustrazioni, caratterizzate da figure geometriche, dominano i toni del rosso, dell’azzurro e dell’ocra. I Glatifusiani, provvisti di due paia di braccia, un occhio solo e numerose antenne sul capo, sono rappresentati come molto diversi dagli umani e al contempo molto simili a noi: anche nel loro pianeta i bambini vanno scuola e una maestra li istruisce. Stupende le immagini che descrivono i terrestri, una carrellata di personaggi che mostrano quanto sia varia la specie umana, indipendentemente dal genere.